venerdì 22 novembre 2013

Pizzoccheri di castagne

Adoro l'autunno. Le foglie che cambiano colore, il freddo che arriva... Quest anno sono andata a funghi e ne ho trovati un sacco!!! Non sono andata invece a castagne. Peccato perché avrei potuto usarle per questa ricetta!
Ma prima di venire alla ciccia (è il caso di dirlo) una piccola premessa:
A inizio novembre è successa una cosa che ha cambiato - non la mia vita, quello è un cambiamento solo in potenza - le mie giornate. La mia routine è radicalmente cambiata e la cosa andrà peggiorando nei prossimi 6-7 mesi. No, che avete capito?! Non sono in dolce attesa!! Sono ufficialmente una concorsista, una aspirante, in poche parole una parassita della società che, priva di un lavoro vero (perché la pratica forense non può definirsi un lavoro vero) aspira a scavalcare quella maledetta scrivania. Un po' con lo stesso spirito dello studente che vuole diventare insegnante mi accingo a prendere parte al più impegnativo concorso del mondo, quello per diventare magistrato. Alla già tragica situazione (data la mia preparazione scarsa - per non dire inesistente -) si aggiunge l esame di stato per diventare - almeno - avvocato il 10-11-12 dicembre e tutta una serie di concorsini che ho fatto fra ottobre e novembre e dei quali sto aspettando i risultati. Bene, data questa premessa è precisato che non intendo lasciare la competizione, vi prego di considerare che questa ricetta, facile facile ma buona, l ho fatta di notte e questa circostanza si ripeterà probabilmente anche le prossime volte..
Ma veniamo alle amenità!
Pizzoccheri alle castagne
La ricetta:
150 g di farina di castagne
75 g di farina integrale
200 ml di acqua tiepida
Sale qb
Per il condimento:
Burro a volontà
Formaggio bitto
Salvia
Ebbene si, ho reinterpretato i pizzoccheri (versione light) sostituendo alla farina di grano saraceno la farina di castagne.
Allora si mischiano le due farine che vanno setacciate molto molto bene perché la farina di castagne tende a raggrumarsi. Si fa la fontana e si versa l acqua pianissimo unendola alla farina con le ti movimenti circolari della mano. Bisogna stare attenti alla consistenza della pasta perché un attimo prima si sbriciola e un attimo dopo è appiccicosa! Va anche impastata poco se no diventa dura. Una volta ottenuta una pasta elastica la si divide in 4 o 5 parti dalle quali si ricavano delle piccole salsicce che vanno divise in cilindretti col coltello piatto. Infine si schiacciano i cilindretti col pollice per ottenere una forma simile a quella delle orecchiette!
Le orecchiette vanno buttate in acqua bollente è salata e cuocere finché vengono a galla. Occhio perché fanno un sacco di schiuma!!!
Dopo averle scolate (facendo sgocciolare lo scolapasta nella pentola del condimento in modo da salvare un po' di acqua di cottura), la pasta va ripassata nella pentola con una generosa quantità di burro e con il bitto grattugiato con una grattugia a buchi grandi. Insieme va saltata anche la salvia, per un paio di minuti, finché il burro e il formaggio si saranno sciolti.
Dopodiché vanno mangiati con gusto e soddisfazione!! Hanno un gusto un po' amaro temperato dal formaggio che essendo grattugiato e non a pezzi non copre il sapore particolare della farina di castagne. Oggi a pranzo li ho graditi moltissimo! Purtroppo ero sola, ma d altronde non sapevo se avrei avuto tempo di farli assaggiare a qualcuno! Per le foto vi prego di aspettare perché ho cambiato pc e questo non ha l applicazione per scaricarle....risolvo il problema e le inserisco!

venerdì 27 settembre 2013

plINritardo

Eh si Plin in ritardo... ho realizzato ieri di non aver ancora postato la ricetta per l'MTC di settembre nonostante l'abbia realizzata settimane fa!!! Ma fra la dieta (ARGH), mille concorsi e l'esame da avvocato che mi incalza sempre di più avevo completamente alienato il piccolo particolare che non basta FARE la ricetta ma bisogna anche postarla...
Comunque devo dire che la mia prima esperienza (la seconda, a dire il vero, ma la prima non la considererei..) con la pasta fresca è andata abbastanza bene. Prima di tutto terrei a precisare che non sono in mio possesso macchine stendipasta di alcun genere, nè manuale nè elettrico...... Quindi ho fatto una gran fatica col mattarello di legno!!!
Impastare e stendere, nonchè riempire e chiudere, sono state operazioni lunghe e faticose, e non ho invidiato per niente le nonne emiliane - o, nel caso, piemontesi, ma la classica nonna col mattarello è emiliana - che si facevano (e si fanno tutt'ora) questa trafila tutti i giorni.
Devo anche dire, però, che la pasta è venuta davvero bene. La consistenza era giusta, si tirava anche molto sottile senza rompersi, era molto elastica e gialla. Sono molto soddisfatta (merito della ricetta di Elisa). Invece per il ripieno ho ripensato a dei ravioli che avevo assaggiato in una trattoria della bassa padana, forse era già Piemonte, non ricordo, ma quei ravioli mangiati in un giorno di pioggia e nebbia, dopo una gara, con un bel rosso e una signorona in grembiule che li impiattava direttamente dal pentolone fumante, mi sono rimasti davvero nel cuore.
La ricetta è molto semplice, in realtà, e mi sembrava che si sposasse bene con il tema della sfida, la semplicità del sapore, la genuinità, il Piemonte (io sono lombarda, più o meno i sapori sono simili, quindi per me è stata una goduria starmene tutto il pomeriggio fra i vapori del bollito <3).
In pratica si tratta di un ripieno di bollito. Ho quindi fatto bollire in acqua fredda (si, lo so, ma volevo anche il brodo buono...) un pezzo di aletta e un pezzo di biancostato (sempre per il brodo), un paio di carote zucchine e cipolla. Un goccio d'olio, un pò di sale e pepe. Ho fatto bollire il tutto a fuoco lento per il tempo sufficiente ad appannare i vetri (peccato che nel pomeriggio ci fosse ancora la luce.. adoro quando fa buio alle quattro e fuori fa freddo e io sono in casa con una tazza di te e la prospettiva di bermi una tazza di brodo per cena!).
Dietro suggerimento della mamma (che rivendica l'idea, quindi devo scriverlo) ho aggiunto due mele sbuciate al bollito.
Cotta la carne ho estratto l'aletta dalla pentola, l'ho tagliata in piccoli pezzi e l'ho frullata per meno di 30 secondi insieme alla carota, alla cipolla e alla mela. E' venuta così un a specie di pasta da polpette che ho usato per riempire i plin (che ho chiuso usando il pizzico e la cosa mi ha emozionata un casino!!).
Come condimento ho usato un pò del brodo ristretto eun trito di carne e verdura (ma senza mela).
Ora, per quanto riguarda il gusto, devo dire che sono stata troppo fedele alle raccomandazioni della sfida, cioè che il condimento non coprisse il sapore del ripieno. E' vero, il mio ripieno era molto delicato, ma la mela dava quel tocco autunnale in più, proprio semplice, ma anche neutro, che avrebbe permesso di osare di più con il condimento. La consistenza, devo dire, è stata una vera soddisfazione! Non si sono aperti nè rotti etc etc! Durante la cottura (brevissima) si sono mantenuti belli e la pasta non risultava troppo spessa.
Purtroppo a questo giro Ciliegia non mi ha fatto compagnia. Deve essere migrata verso nuovi lidi. Ha lasciato i Ciliegini che però sono ancora un pò timidi e non si avvicinano quindi non hanno curiosato in cucina mentre l'odore di bollito si diffondeva per l'aere.
Come sempre partecipare alla sfida (anche se me la sono quasi lisciata) è divertente e stimolante! Ormai sia la mamma sia il fidanzato sono lanciatissimi nel darmi consigli e nel mangiarsi tutto quanto -.-
Purtroppo per me sono a dieta strettissima quindi spero vivamente che la prossima ricetta non sia un dolce!!!
Qualche foto per voi!










venerdì 21 giugno 2013

Une petite salade pour une petit dejeuner

Si, quando ho letto il titolo della ricetta di giugno ho gioito nel poter finalmente sbizzarrirmi in qualcosa di estivo e fresco, di fantasioso, libero e leggero! Una insalata dal sapore retrò, un pò Belle Epoque, un pò riviera, un pò Parigi. Mi sono ispirata appunto ai grandi alberghi sul mare, alla loro atmosfera di fresca vetustà, leggermente austera, quell'atmosfera fatta di guanti bianchi e signore con il cappello.
Nella mia città, si da il caso, il 2013 è l'anno del centenario di uno di questi grandi alberghi, una vera icona del liberty lombardo. Hanno festeggiato riproponendo il grande ballo che si tenne per la sua inaugurazione e una serie di eventi molto carini tutti a tema liberty (se vi può interessare, sabato prossimo per le sale dell'albergo degustazione di vini "bicchiere al collo" per info www.palacento.it).
Questo per dire che immedesimarmi nella parte non è stato tanto difficile. Ho cercato di fare una seduta di meditazione zen in cui ho focalizzato su alcune immagini di grande ispirazione, per esempio quelle terrazze pavimentate di legno, a strapiombo sul mare in Costa Azzurra, la musica di Scandalo al Sole, gli ombrelloni a righe della Versilia (che sono gli stessi da 100 anni), quell'aura polverosa di cui sono coperti questi hotel costruiti in un'epoca in cui la villeggiatura era una cosa seria, durava mesi, vigevano i canoni dell'eleganza e dell'educazione. Chi, oggi come oggi, prenota un mese in un grande albergo al mare? E anche se decidesse di farlo, non troverebbe altro che bambini frignoni impropnibili code ai bouffet, gente che si sente autorizzata a stare nella sala ristorante in costume e infradito, gozzovigliamenti vari.
Io sono figlia di una mentalità retrò. A volte mi sento vecchissima se penso che ho fatto in tempo a farmi dire da mia madre frasi come "saliamo a cambiarci per la cena", una cosa che oggi le madri hanno sostituito con "togliti la maglietta per mangiare che se ti sporchi mi tocca lavarla".
Mi è capitato spesso di vacanzeggiare in questi posti, al Forte, per esempio o al GH di Rimini o al De Bains a Venezia, dove andava Mann e che ora è chiuso, intrappolato nelle radici che stanno crescendo intorno. Ecco, nonostante gli ambienti superchic, devo dire che ho sempre, costantemente, avuto l'impressione che avessero un non so chè di decadente. Sì, decadente è la parola esatta. Non sono mai riuscita a percepire quell'eleganza sottile, muta (come l'eleganza dovrebbe essere), velata ma assolutamente preponderante che dovrebbe essere rimasta incastrata nelle volute di quelle tende bianche e svolazzanti. Quelle tende ora sono gialle, sfibrate e costellate di buchi da bruciatura di sigaretta. I camerieri in livrea e guanti bianchi (quelli all'italiana dei film di Totò, per intenderci) sono stati sostituiti da lanciapiatti brufolosi con divise troppo grandi e macchiate che passano l'estate a maledire il giorno in cui hanno scelto la scuola alberghiera che li manda a fare stage estivi malretribuiti. I raffinati piatti à la carte sono stati sostituiti da crocchette surgelate ammucchiate alla meglio su un tavolone self service. Le signorine in abito bianco, ombrellino e cappello di paglia corteggiate da gentiluomini ora sono signore anziane che cenano da sole protraendo antiche abitudini oppure mamme isteriche che non riescono a dire no ai bambini che si affollano intorno al buffet coperti di sabbia o ancora adolescenti in pantaloncini girochiappa scortate da tamarri in erba dietro qualche cespuglio.
Sarò intransigente, sarò passè, ma questa ricetta mi ha fatto proprio pensare alla tristezza di quella polvere che copre tutto un mondo passato, che mai più tornerà, se non fosse che sta lentamente tornando di moda. E allora mi sono chiesta se il fatto che stiano tornando di moda i ruggenti anni '20 o i '40 o i '50 etc nei nostri look, potrà mai comportare un ruggente cambio delle nostre personalità verso una sobrietà e una educazione che abbiamo perso a livello ancestrale e culturale.
Per questo motivo ho deciso che per la mia ricetta, sarebbe stato protagonista il cestino del pane. Si, perchè è la prima cosa che il cameriere porta in tavola, ma il pane fatto in casa è anche il simbolo della massaia di una volta, quella mamma che riempie la casa del profumo di pane appena sfornato e di frutta fresca, in un periodo storico (di cui ho fatto in tempo a vedere l'ultimo scorcio attraverso la porta che si stava chiudendo) in cui la casalinga si chiamava appunto massaia, il supermercato non esisteva e i passeggini erano blu Inglesina.
Ma passiamo alla ricetta!
Allora per la mia Salade ho scelto una base di riccia (la mia preferita) contornata da fiorellini di zucchine e pomodorini ciliegini scottati e caramellati in padella, un piccolo violoncello di avocado ( che mi faceva molto esotico) e fragole che mi danno l'idea di estiva freschezza, fili di sedano per l'angolo pinzimonio con un bicchierino di emulsione di olio extravergine di oliva, aceto ai lamponi, fiore di sale di Trapani, pepe nero, e un cucchiaino di Elixir Borducan (un liquore alle erbe e arancia prodotto SOLO nel cafè Al Borducan, un meraviglioso cafè liberty a strapiombo sulla valle di Santa Maria del Monte dal cui terrazzo si vedono perfino le luci di Milano).  Prìncipi dell'insalata sono i due involtini di manzo, zucchina e pomodoro. La carne è semplicemente sfumata in padella su una crosta di sale grosso e sfumata con della birra (altro simbolo del liberty varesino, visto che abbiamo la famosissima Birreria Poretti). Ma la cosa più fantastica, permettetemi di dirlo, sono le uova a forma di cuore! Si, sono delle semplici uova sode, bollite per 10 minuti, sgusciate ancora calde, avvolte nella pellicola trasparente, inserite in un cartoncino piegato a libro con uno stecchino di traverso (vedi foto) e messe in frigo a raffreddare.
Come condimento ho fatto, oltre al bicchierino di pinzimonio, una semplice vinagrette con olio extravergine d'oliva, sale, pepe, aceto di mele e un cucchiaino e mezzo di senape di Dijone in grani. Nel cestino del pane troviamo due filoncini di pane nero ai 5 cereali, dei creacker integrali a forma di cuore con grani di sale grosso e (ma non so se le ho fotografate) delle focaccine fatte con la pasta della pizza.
L'insalata è stata consumata da me e dal mio ragazzo in contesto assolutamente a tema (vedi foto) e il suo parere è stato molto positivo, soprattutto sulla mia vinagrette che adora. Lui ha contribuito facendo il mojito con la menta che abbiamo appena piantato! hihihihi
Ed ora qualche foto:












Con questa ricetta partecipo all'MTC di giugno!
Ah ovviamente Ciliegia era sempre lì a guardare curiosa e a farmi compagnia:




lunedì 22 aprile 2013

Chili love

Era una serata di inizio estate, faceva caldo ma nell'atmosfera ristagnava quell'umido del crepuscolo scuro di giugno che minaccia un temporale. L'aria era ferma, sospesa, scura, come in attesa di qualcosa, qualcosa di grande. E infatti un grande tuono aveva squarciato il cielo e le prime gocce avevano cominciato a cadere grosse e pesanti, ma rade.
Non capitava spesso, ma mio padre aveva deciso di dedicarmi il pomeriggio e mi aveva sottratta alle cure materne per portarmi a fare un giro in centro. Stavamo camminando e io mi ero posta l'obiettivo difficilissimo di mantenere i miei passi all'interno delle strisce bianche orizzontali che attraversavano il porticato ed ero concentratissima nel fare questo quando il telefono cellulare di mio padre, una specie di enorme scatola nera con un'antenna estraibile che sembrava arrivare direttamente dall'Enterprise, aveva cominciato a suonare e lui, giustamente, aveva risposto.
Qualcuno, dall'altra parte, doveva avergli detto qualcosa di molto preoccupante perchè si era rabbuiato e immediatamente mi aveva trascinata verso la macchina di corsa (cosa che mi aveva fatto perdere tutto il vantaggio accumulato con le strisce del portico).
Una volta partiti, mentre grosse gocce di pioggia si abbattevano sul parabrezza, mi aveva spiegato che stavamo andando in cascina perchè una mucca stava male. Adoravo andare in cascina col papà, c'erano le pannocchie, c'erano 5 grossi cani che mi terrorizzavano, c'erano i maiali, le pecore e anche una capretta tutta mia, si chiamava Annabella. C'era anche un grosso toro chianino, Arturo, la cui occupazione preferita era leccare un grosso cubo di sale e aveva una fascia rossa fra le corna perchè, mi avevano detto, aveva vinto un concorso di bellezza ed era il toro più bello d'Italia.
Ovviamente c'erano un sacco di mucche da latte che la maggior parte del tempo se ne stavano nella stalla a mangiare il fieno. Ogni tanto però qualcuna riusciva a scappare e non trovava modo migliore disfruttare pienamente la sua ritrovata libertà che buttarsi nel vicino canale. Allora gli allevatori chiamavano il papà e lui risolveva la situazione.
Date le premesse pensavo che saremmo andati a tirar fuori la solita mucca un pò scema dal canale, invece l'uomo che correva incontro all'auto ancora in movimento ci faceva segno di dirigerci verso una delle stalle.
Dentro, un'enorme mucca pezzata muggiva da far spavento ed era stata isolata dalle altre e messa in un recinto tutto suo. Io mi aggrappavo alla gamba del papà, ma lui doveva avvicinarsi all'animale e così mi aveva detto di stare vicino al muro, poco distante.
Da lì guardavo l'animale soffrire, lamentarsi e ogni tanto cadere. Provavo pena per lei, ma non avevo paura, sapevo che il papà avrebbe risolto la situazione, come un supereroe.
Sentivo gli uomini urlarsi l'un l'altro e li vedevo correre a destra e a sinistra quando, improvvisamente, accadde.
Non la ricordo come una scena cruenta, non c'era sangue, non che io ricordi. Non c'era altro che lui, questa creatura che prima non c'era, che non voleva esserci ma che, in questo crepuscolo profumato di erba bagnata, alla fine, c'è.
Non c'era più alcun rumore, la mucca non muggiva più, gli uomini non urlavano più, non correvano. Stavano tutti lì, come me, una bambina di sei anni, in piedi a guardare il vitellino che cercava di alzarsi. Lo guardavano tutti con estrema meraviglia, come se non l'avessero mai visto, come una manifestazione di un Dio in cui non credevano.
Ed eccolo lì il vitellino che nulla sapeva del mondo, delle pannocchie, della pioggia, dei cani e di Annabella, si alzava e andava dalla mamma a farsi dare il latte. L'aveva fatto nascere il mio papà. E credo che sia stato in quel momento che mi sono convinta che, a volte, i miracoli li fanno anche gli uomini.
E' con questa immagine negli occhi e nel cuore, con il profumo di campagna e di vita nuova nelle narici che ho affrontato la nuova sfida dell'MTC, quale figlia di un vero e autentico cowboy (scherzate, ma quando mi chiedevano che lavoro faceva mio padre, lui mi diceva di rispondere "il cowboy"... immaginate quanto se la ridevano le maestre dell'asilo...).

Per fare questo chili ho usato dei peperoncini indiani secchi poco piccanti e dei peperoncini calabresi freschi mooooolto piccanti, tagliati a fettine.
Per il peperoncino secco ho seguito il procedimento di Anne, ho fatto un infuso con acqua bollente e li ho lasciati macerare per un paio d'ore.
Ho usato un pezzo di vitellone non molto magro, spalla, a pezzettini tagliati a circa un centimetro e mezzo di lato, epurati del grasso duro ma non della marezzatura, che serve affinchè la carne rimanga morbida.
Come grasso di cottura ho unito olio di semi e strutto, vi ho fatto rosolare la carne e poi ho aggiunto la crema creata con l'infuso di peperoncino. Ho insaporito con sale, pepe, paprika dolce e fettine di peperoncino fresco. Ho poi fatto sbollentare due pannocchie ed ho aggiunto alla carne in cottura alcuni grani di mais (le pannocchie volevo usarle come contorno ma non ci stavano nella foto, immeginatevele). Ho sfumato con mezzo bicchiere di birra (le bollicine rendono la carne morbidissima e, secondo me, la carne cotta nella birra ha un sapore fantastico, e poi me li vedo i cowboys che si bevono la birra accanto al fuoco...dei cowboys moderni, dai..).
Come pane di accompagnamento ho seguito la ricetta di Anne (in proporzioni minori) ma ho sostituito all'acqua del latte, dopo aver fatto ricerche sui possibili risultati.
Ho steso la pasta non troppo sottile ed è venuto fuori una specie di panino piatto che ho tagliato con una formina da biscotti.
Per la presentazione ho messo il chili in un barattolo di latta (mi sembrava a tema).

Il mio giudizio sul sapore (perchè ero a casa da sola per tutto il weekend e quindi ho "chilato" solo io!): allora, il sapore buono e la carne morbida. Due note solo: 1) per quanto sconsogliato dal regolamento, un pò di pomodoro ci sarebbe stato davvero bene e 2) ho notato che il piccante, per quanto fortissimo, si diradava in brevissimo tempo. ho attribuito tale effetto collaterale auspicabile all'uso dello strutto in cottura, dato che il piccante è liposolubile.

E ora qualche foto!















lunedì 18 marzo 2013

La Fideuà di Marilyn

Vi presento Marilyn.
Lei è piccola, carina e ha due enormi occhi verdi con i quali osserva il giardino, del quale è padrona incontrastata. E' riuscita a mattere al suo posto anche Ciliegia, la volpe, che scappa a gambe levate ogni volta che la vede. E' paciosa, come tutti i gatti di casa. Ama infilarsi fra le pieghe del bucato da stirare e mettersi lì a dormire, oppure si diverte a graffiare gli angoli della poltrona per poi mettersi lì a dormire, o ancora adora piazzarsi sul pouf del soggiorno accanto alla coperta di pile e mettersi lì a dormire per svegliarsi solo una frazione di secondo, quando passo io, uscendo per andare al lavoro. Mi guarda con la faccia che doveva avere l'aguzzino di Sisifo durante il suo penoso calvario. Io la guardo di rimando e le soffio invidiosa: fffffffffff!!
Ma cosa c'entra il racconto dell'adorabile gatto con la fideuà? Ma soprattutto...Cosa è la fideuà?!
E' questa la domanda che mi sono fatta quando ho letto la ricetta dell'MTC di marzo. E così ho letto la storia sul blog di Mai, che l'aveva proposta, e ho seguito i suoi consigli di training autogeno: ho immaginato il peschereccio, il mare, il vento, l'odore di pesce, il Mediterraneo etc etc...e mi è venuta voglia di sdraiarmi su una spiaggia caraibica per mai più ritornare. Ma prima della mia partenza all'insegna di falò sulla spiaggia e infinite ebbrezze a base di rum, dovevo provare la ricetta della paella alternativa: la fideuà appunto.
Così, data la già dettagliatissima ricetta di Mai, ho cominciato a pensare a come avrei potuto personalizzare questo piatto così particolare. Idee poche e confuse. E per quanto l'abbia presa davvero con sportività questa sfida è già cominciata male. Non ho focalizzato bene la ricetta, forse non l'ho assimilata, sta di fato che anche la spesa è stata traumatica. Non volevo mettere i soliti tre pesci dall'aria surgelata che si trovano nella paella ma non avevo davvero idea di come arrabattarmi e così sono finita a prendere scampi, vongole, folpetti, calamari etc etc tutto nella massima banalità. Ho avuto un guizzo di genio con i peperoni, mi son detta "ma sì, dai, mettiamo due peperoni gialli a cubetti giusto per fare colore...". E poi son passata davanti all'angolo delle primizie e ho visto un cestino di fragole e mi son detta di nuovo: "pesce=vino bianco=fragole". Lo so è un collegamento che non sta nè in cielo nè in terra, ma mi sa che il mio cervello era spento. Morale ho fatto la fideuà con peperoni e fragole, immaginando, giusto per riprendere l'immagine poetica di Mai, che il mio peschereccio avesse attraccato in un bel paesino sul mare con un mercato all'aperto, in stile provenzale, e il cuoco avesse deciso di prendere qualcosa dei sapori del luogo: qualche spezia, e le fragole (?!).
Pregandovi di ignorare il delirio, se avrete voglia di continuare a leggere questo post troverete la ricetta della famosa fideuà alle fragole che richiama in toto la ricetta di Mai, con l'aggiunta di fragole e peperoni insieme al pomodoro.
"ingredienti per 6 persone:

600 gr. di "fideus" (potete farli spezzando degli spaghetti, 2/3 cm)
5 pomodori maturi
1 o 3 spichi d'aglio (a piacere)
350 gr. di calamari
350 di gamberi (io mazzancolle)
6 gamberoni
1/2 cucchiaino di paprica dolce
un pizzico di pistilli di zafferano
sale olio extra vergine


brodo
1 cipolla media
aqua, sale
pesce di roccia
(perché è più saporito, ma io mi sono adeguata a quello che ho trovato nel mercato: 
tracima, muggine, razza, scorfano, nasello e qualche scarto di pesce spada e qualche testa di gambero)"
 Allora ho fatto il brodo con i pesci di roccia, ho seguito tutti i passaggi, ho messo brodo fino a coprire la pasta (ho spezzettato gli spaghetti alla fine) ed è venuto fuori una padella enorme di fideuà leggermente collosa perchè la pasta ha cotto decisamente troppo e le fragole hanno rilasciato pectina e fruttosio, come era prevedibile, il chè ha creato una specie di pastone colloso dalla consistenza budinosa abbastanza deludente. Il sapore non era male ma la consistenza non si poteva proprio sentire. 
Il caso vuole che la sera fossi a cena da amici, così ho portato un assaggio e tutti hanno convenuto sulla consistenza terribile (fortuna che avevo fatto anche il ciambellone mele e birra, quello era abbastanza buono...migliorabile almeno..).
Ma ancora ci stiamo chiedendo cosa c'entra Marilyn! 
Ecco, abbiamo detto che io ero fuori a cena. La casa era buia e vuota perchè anche la family era via. La leggenda vuole che la mamma, di ritorno dal cinema abbia trovato la gatta mefitica con le zampe nel sacco, completamente immersa nella pentola della fideuà, baffi compresi. 
Non si sa come abbia fatto ma è riuscita a scoperchiarla e mangiarsene buona parte. Da sola. 
Morale: ricetta nata male finisce mangiata dal gatto. 
P.s.: l'ho fatta di sabato, avevo in programma di scaldarla per il pranzo di domenica quindi la salsa l'avrei fatta il giorno dopo in diretta ma....non ce n'è stato bisogno. 
E ora qualche foto:






 
 ...Anche della Principessa del Pescato...
 Ah, dimenticavo.. è con grande vergogna che partecipo all'MTC di marzo con questa ricetta.

lunedì 4 marzo 2013

Yellow Cake

Buongiorno cari, come state?
Pronti per un post poco interessante?
Poco interessante perchè in realtà non c'è nulla di originale, nel senso che la ricetta è stata presa e copiata paro paro dal blog MTC, quindi non ho messo nulla di mio, se non i cuoricino di zucchero rosa invece delle stelline gialle ma si sa, se non è rosa non è Franci quindi...
Dunque, questa è una torta base americana, quindi mi aspettavo una bakery cake tipo red velvet invece, a 'sto giro, incontra molto di più i miei gusti. Sarà per la presenza massiccia di zucchero o per la cannella, alla fine a me è piaciuta tantissimo, sia come consistenza che come gusto.
Però la valutazione, devo ammetterlo, è tutta personale, perchè la mamma è rimasta sconvolta dal fatto che la glassa non fosse amara (mi aveva vista usare il cioccolato amaro al 70% e già pregustava la copertura fondente) ma le ho spiegato che se al cioccolato maya extrapuro aggiungi mezzo chilo di burro e zucchero difficilmente otterrai una glassa fondente...
Il papà invece ha trovato la pasta dura. Ora, non credo che dal mio forno sia mai uscito nulla di più spugnoso e morbido...l'unica cosa che posso pensare è che l'abbiano mangiata fredda da frigo e che quindi abbia perso la sua meravigliosa morbidezza.
Il fratello con gli amici cavallette, invece, l'ha fatta sparire in meno di mezzora, ma non credo che ne abbiano sentito il gusto...semplicemente l'hanno inglobata come fanno i boa (o sono i pitoni?) con le vittime...tutta intera, presi dall'entusiasmo dell'adolescenza.

Per completezza, devo dire che fare questa torta (di notte, come al solito) è stato molto rilassante. Preparare gli ingredienti, impastare, cuocere e andare a letto con i capelli che sapevano di cannella son cose che hanno favorito il mio sonno di povera giurista frustrata.

Voilà la ricetta dunque:

"Per la torta
140 gr di burro a temperature ambiente, tagliato a cubetti di 1 cm, più altro per imburrare le teglie
Farina 00 per infarinare le teglie

250 gr di farina per dolci(la 00 va benissimo)

½ bustina (8 gr) di lievito in polvere

1 cucchiaino di sale fino

1/2 cucchiaino di cannella in polvere

150 gr di zucchero semolato

110 gr di zucchero di canna chiaro

3  uova grandi

235 ml di panna acida
Per il Chocolate Cream Cheese Frosting:

140 gr di burro ammorbidito

200 gr di formaggio spalmabile (tipo Philadelphia)

400 gr di zucchero a velo

Un pizzico di sale fino
120 gr di cioccolato fondente al 70%

Procedimento 

1.      Pre-riscaldare il forno a 175°C. Imburrare due teglie di diam.20 cm, coprire il fondo con due dischi di carta forno dello stesso diametro. Imburrare anche i due dischi e infarinarli leggermente, scuotendo le teglie per togliere la farina in eccesso.

2.    In una ciotola grande setacciare insieme la farina, il lievito, il sale e la canella e mettere da parte

3.    Nella ciotola della planetaria con agganciata la foglia, sbattere il burro e I due tipi di zucchero a velocità media fino a che non sia diventato cremoso, circa 2 minuti. Aggiungere le uova, una alla volta, e sbattere solo fino ad incorporarle all’impasto, grattando i bordi della ciotola da eventuale impasto. A velocità bassa aggiungere il mix di ingredienti secchi in tre addizioni alternandolo con la panna acida, iniziando e finendo con la farina. 


4.   Dividere l'impasto nelle teglie, livellarlo con una spatola e cuocere per circa 30-35 minuti, fino a quando infilando uno stecchino nel centro della torta viene fuori pulito. 


  5.    Lasciar raffreddare le teglie su una gratella per 20 minuti. Staccare poi i bordi delle torte dai lati di delle teglie e capovolgere le torte su una gratella. Togliere la carta forno e rivoltarle, lasciandole raffreddare completamente.

Per il frosting

Nella ciotola della planetaria, con la foglia attaccata, montare il burro  fino a renderlo morbido, aggiungere il formaggio spalmabile e amalgamare. Agguingere lo zucchero a velo setacciato e il sale, montare fino a rendere il tutto liscio e ben amalgamato. Aggiungere in ultimo il cioccolato fuso e amalgamare ancora. Se il composto è troppo liquido aggiungere altro zucchero a velo un cucchiaio alla volta, fino a renderlo più sodo. Non montare il composto troppo. Il frosting può essere preparato fino ad un giorno prima se conservato in frigo in un contenitore ermetico. Prima dell'uso lasciarlo ammorbidire a temperatura ambiente. 


Assemblaggio della torta:

Con un coltello affilato tagliate eventuali dossi o imperfezioni della torta per rendere la superficie piatta. Sul piatto da portata mettere la prima torta e cospargerla con circa 1/3 della crema, spalmarla uniformemente su tutta la superficie e mettete sopra la seconda torta. Coprire col restante frosting prima la superficie spalmandola dal centro verso i bordi e giù per i lati. Passate con la spatola perpendicolare al lato della torta per rendere la copertura il più liscio e uniforme possibile.

Decorare  a piacere."
 Ed ecco come è venuta la bambina (da notare, sullo sfondo, il fantastico minilettore dvd compagno di mille ricette notturne...): 



lunedì 25 febbraio 2013

I LOVE Biscotti

Ok, prima di tutto un grande grazie a tutte le ragazze dell'MTChallenge che mi hanno dato un così caloroso benvenuto nel gruppo. Sono stata davvero contenta! E, alla luce dei vostri consigli, mi sono detta: "meno male che non ho fatto assaggiare la mia torta alla famosa amica, visto che ho usato il forno ventilato...", sarà per la prossima ricetta!

Intanto questa settimana ho dovuto combattere con il fatto che il moroso non ama i regali di compleanno. Non li vuole proprio. Ma io sono dell'idea che le persone a cui vogliamo bene vadano festeggiate ad ogni occasione, sempre, per i loro meriti certo, ma anche in quelle piccole occasioni che capitano, come si dice in giuridichese, incidenter tantum. Trovo che festeggiarsi, celbrare l'esistenza di una persona a cui si vuol bene, sia un modo per manifestare amore, per dirsi "sei importante". Per fare questo non sono necessari regali, ovvio, ma una scematina si poteva anche fare. E invece no, lui non ne ha voluto sapere.
Ma io ho fatto di testa mia. Ed ecco cosa ne è venuto fuori.

La ricetta l'ho rubata ad una delle concorrenti MTC:
http://www.latartemaison.it/2012/11/petits-beurre-maison-al-cacao/
ma dopo un primo tentativo ho apportato un paio di modifiche dovute probabilmente alla compensazione delle mie carenze tecniche in cucina, perchè quelli della Tarte Maison sembrano buonissimi anche così!

220 g di farina 00 (io ne ho usati 160)
25 g di cacao (io ne ho usati 40)
100 g di burro salato
100 g di zucchero semolato
65 g di acqua
1 g di sale
6 g di lievito per dolci (io ne ho usati 9)

Allora.
La ricetta è semplicissima e di pronta soluzione. Si mettono in un pentolino acqua, zucchero, burro e sale (2g se non usate il burro salato). Si accende la fiamma al minimo e si porta ad ebollizione, momento che coincide praticamente con lo scioglimento di tutto il burro.

  
 
A quel punto si spegne e si lascia raffreddre per mezzoretta. Nel frattempo si può cominciare a setacciare insieme cacao, farina e lievito. Io, la seconda volta, li ho setacciati 5 o 6 volte per avere una distribuzione migliore del cacao visto che, non mi spiego come, nella prima infornata qualche biscotto sapeva solo di farina e altri sapevano solo di cioccolato... -.-
Terminata questa operazione (che dura circa 3 minuti), si può guardare una puntata di Will e Grace o mezza di Bones, a scelta dello chef. Dopodichè si potrà unire la parte liquida alla parte polverosa e mescolare con un cucchiaio o con una impastatrice elettrica (la prima volta ho usato il braccio meccanico, ma devo dire che la consistenza era migliore la seconda volta, quando ho usato il mio, di braccio).
A questo punto si deve mettere la pasta in frigo per tre ore a riposare. In realtà, la prima volta che li ho fatti avevo fretta quindi ho diminuito il tempo di attesa di circa un terzo. La seconda volta ho rispettato le tre ore, ma poi è stato più difficile lavorarla. Direi che per la prossima volta ci sta un'oretta e tre quarti... Un paio di puntate di Bones, insomma.
Ora viene la parte divertente. Si butta un pò di farina sul piano e si stende la pasta (meglio un terzo dell'impasto alla volta, riciclando ogni volta i ritagli). Con lo stampino apposito si creano i biscotti e con il fantastigliosoipermegasuperfigo timbrino con le letterine intercambiabili si scrive il messaggio desiderato su ogni biscotto. Avevo letto su internet delle pessime recensioni per questo timbrino e, visto che si trattava di un acquisto impulsivo, mi stavo già mangiando le mani. E' vero che tenendo unita la forma al timbrino non viene bene, perchè bisognerebbe lasciare la pasta troppo spessa, per i miei gusti. Ma separando i due elementi, e tagliando i biscotti prima e stampandoli poi, l'effetto è niente male! Vedere per credere:


Ancora, avevo letto che in cottura le lettere sparivano...non è successo.
Accorgimento che ho ritenuto di assumere nella seconda infornata è stato quello di lasciare effettivamente la pasta più spessa. Si, ci voleva. Circa mezzo cm.
Non commettete l'errore scemo (che io puntualmente ho commesso), di stendere la carta da forno sulla griglia....poi veranno i biscotti ondulati. La seconda volta ho usato la placca da forno piatta. Ne ho potuti infornare meno alla volta ma son venuti dritti....
Poi si inforna a 170° per 10/15 min.
In realtà nel mio forno scassato bastano 150° per 7/8 min, diciamo che vanno controllati a vista perchè perso il secondo buono, poi bruciano.
Ecco il risultato finale dunque. Sono stati moltro apprezzati dal loro destinatario ma, visto che ne ho fatte ben due infornate, non potevo certo ingozzarlo di biscotti, così ho messo gli altri in un piatto a disposizione del pubblico passante (la famiglia). Morale torno a casa venerdì sera e chiedo al papà: "Dove avete messo i biscotti?" "Eh li ho mangiati" "Tutti?!" "Eh avevo fame".... -.-


martedì 19 febbraio 2013

The Italian Job - Red Velvet Italian Style

Allora, partiamo subito, perchè perdere tempo. E partiamo in grande. Con questa ricetta intendo partecipare all'MTChallange di febbraio, il cui tema è Red Velvet Cake senza glutine. 
Allora, partiamo dall'inizio.

Per la base ho seguito pedissequamente la ricetta fornita da Stefania:



"Red Velvet Cake

160 gr di farina di riso sottilissima tipo amido (Le Farine Magiche Lo Conte, Pedon, Rebecchi)

60 gr di fecola (Cleca, Pedon, La Dolciaria, Sma & Auchan)

30 gr di farina di tapioca (che potete sostituire con Maizena)1/2 cucchiaino da tè di sale
8 gr cacao amaro (Venchi, Easyglut, Pedon, Olandese
110 gr burro non salato a temperatura ambiente
300 gr di zucchero
3 uova medie (io uso quelle bio codice 0, ma non è rilevante ai fini della celiachia)
1 cucchiaino da caffè di estratto vaniglia bourbon (o i semi di una bacca, ma non usate la vanillina)
240 ml di buttermilk (ma se non lo trovate, fate inacidire per 20 minuti la stessa quantità di latte con un cucchiaio di limone)
1 cucchiaio di colorante rosso (Rebecchi e Loconte)
1 cucchiaio di aceto bianco
1 cucchiaino da tè di bicarbonato di sodio
Pre-riscaldate il forno a 175°C.
In un recipiente mescolate le farine, il sale, il cacao. In un altro recipiente, sbattete il burro per 2-3 minuti, finché sarà soffice e poi aggiungete lo zucchero e sbattete per altri 3 minuti.
Aggiungete le uova, una alla volta, sbattendo 30 secondi dopo ogni aggiunta.
Mescolate il colorante al buttermilk e quindi versate poco per volta al composto di burro, alternando le polveri al buttermilk. Possibilmente iniziate e finite con la farina. Aggiungete anche la vaniglia e mescolate.
In una tazzina (capiente) mescolate il bicarbonato all’aceto bianco, facendo attenzione a versarlo subito nell'impasto (altrimenti ve lo troverete per tutta la cucina) e incorporatelo bene con una spatola.
Imburrate due teglie da 18/20 cm e spolverizzate con farina di riso. Fate cuocere per 40/45 minuti, o finché non vedete che è cotto (con il trucchetto dello stuzzicadenti!)
Lasciate raffreddare la torta dentro la teglia (potete usarne anche una in silicone, ma è meglio usare la  carta forno per evitare contaminazioni) per 10 minuti. Poi toglietela dalla teglia e lasciatela raffreddare, quindi fasciatela nella pellicola trasparente. Fatela riposare in frigo per diverse ore (io l'ho lasciata tutta la notte). In questa maniera sarà più facile da tagliare senza che si sbricioli e sarà più semplice mettere la farcitura. Non spaventatevi se vi sembra troppo dura, perché a temperatura ambiente tornerà morbidissima.
Questa è la ricetta base, a questa si possono aggiungere infiniti sapori. Si può conservare in frigo in un contenitore ermetico e riutilizzare quando se ne ha bisogno."

 Non è venuta molto rossa, nonostante abbia abbondato con il colorante rispetto alla dose consigliata (proprio perchè con il colorante Rebecchi - confermato senza glutine - ho già avuto problemi di "sbiaditudine" con macarons che dovevano essere gialli e invece son venuti beige...).



Per quanto riguarda la preparazione della base, la cosa più divertente e soddisfacente in assoluto, è stata fare il burro!! Si ho deciso di fare il latticello seguendo la ricetta su tips & tricks ed è venuto! Davvero! La cosa mi ha emozionata talmente tanto che ho chiamato in adunata tutta la famiglia ad assistere al miracolo del burro! (a seguire anche una immagine dell'emozionante burro...).


                                                 



E dopo il delirio dovuto al burro è cominciato il lavoro vero.

Nel senso che la ricetta in sé non mi è sembrata difficile, forse solo un po' laboriosa. E lunga. E incerta. Perchè quando ho versato l'impasto nelle teglie era un tantino più liquido di quello che mi sarei aspettata da una torta normale, ma mi sono detta che probabilmente ciò era dovuto al fatto che la farina di riso, non contenendo l'amido della farina normale, quello bello colloso, aveva anche un effetto meno “rapprendente”. Comunque mi sono confortata durante la cottura, quando vedevo la torta crescere, da brava, e cuocersi normalmente. 



Ho pensato a lungo al significato che volevo dare alla torta. Alla fine ho scelto il tema dell'italianità. Si, perchè la Red Velvet è una torta tipicamente americana e io ho voluto accostarla un po' alle nostre papille gustative, che sono le più esigenti del mondo...Per questo motivo ho scelto la crema dei cannoli siciliani: ricotta e cioccolato.



750g di ricotta di pecora

300g di zucchero

80g circa di cioccolato fondente



La preparazione è semplicissima, si unisce la ricotta allo zucchero, si amalgama con lo sbattitore elettrico per qualche minuto. Poi si passa al colino la crema e quando è bella morbida e senza grumi si aggiunge il cioccolato grattuggiato. La farcitura ha dunque superato la prova assaggio. Più volte.



Per il top mi sono rimessa nelle mani di Stefania, seguendo la ricetta del suo chees frosting con il Philadelphia (200g), con lo zucchero a velo (600g) e con il burro (pomata, 100g), ma ho effettuato una piccola modifica per rimanere coerente con il tema “Italian Style”: ho aggiunto lo sciroppo alla menta. Per due motivi: da un lato mi sembrava che il sapore della menta avrebbe rinfrescato il gusto della torta in generale, che altrimenti sarebbe risultata stucchevole; dall'altro ho ragionato sulla questione cromatica, così abbiamo una torta rossa, farcita di bianco e coperta di verde.



Non contenta ho aggiunto, dopo aver glassato, una spolverata di cocco disidratato, una spolverata di cacao amaro e due fettine d'arancia, per un risultato all'occhio tutt'altro che negativo!




 


  
Note sul tema “Red Velvet”



Ho trovato il sito MTChallange navigando su internet qua e là, e leggendo i vari post, mi è subito partito il trip. Quando poi ho visto che il tema del mese era la red velvet, una torta di cui ho sentito parlare in tv, che avrei tanto voluto provare a preparare ma di cui non conoscevo né l'odore né il sapore, ho capito che volevo partecipare, impegnarmi e dare il meglio di me per questa sfida (quasi personale). Dunque ho contattato Alessandra, la quale mi ha parlato dello spirito di costante apprendimento che dovrebbe ispirare tutti i partecipanti. E allora ho deciso di allargare i miei orizzonti. E da qui, poi, è partita tutta la storia del latticello e del miracolo del burro. Quasi tutti quelli a cui ho parlato di questa cosa mi hanno chiesto che bisogno c'era di fare il burro, di stare attenta al glutine etc etc...Io ho risposto che il motivo era imparare. Ho fatto il burro, ed è una cosa scema, ma posso dire di averlo fatto e altri possono dire di averlo solo comprato e da questa cosa ho tratto la soddisfazione più grande dell'intero weekend. Quindi ecco la mia conclusione: ho fatto una torta difficile, ho imparato un sacco di cose (come per esempio che il lievito può essere degnamente sostituito da bicarbonato e aceto), è venuta bella e anche buona perchè tutti, dai genitori al fidanzato, si sono dovuti rimangiare i dubbi (glassati alla menta) sul dolce senza glutine e già questo...tanta roba.



Note sulla questione gluten free



Non ho trovato particolari difficoltà ad adattarmi al tema gluten free. Ho fatto qualche ricerca sui prodotti che potevo usare e su quelli che non potevo usare e, sul blog di una mamma con bambini celiaci, ho trovato un consiglio che mi è stato molto utile (anche in ambito lavorativo, se devo essere sincera...): se hai il dubbio, non usarlo.

Quindi ho cercato di usare solo ingredienti che SICURAMENTE non contenevano glutine, come i formaggi o i derivati del riso. Unico intoppo l'ho avuto con lo zucchero a velo per la glassa. Sono andata belbella a comprarlo al supermercato salvo poi accorgermi, a casa, che c'era l'indicazione “potrebbe contenere tracce di glutine”. Ecco. Soluzione: ho frullato 600 g di zucchero semolato con il 5% di maizena ed ecco fatto lo zucchero a velo. Su internet ho trovato commenti a questa ricetta che lamentavano l'eccessiva granulosità delle glasse ottenute con questo tipo di zucchero ma, sinceramente la mia era bella liscia e morbida e non ho notato nessuna differenza.

Un piccolo appunto lo devo fare, però. Non mi sono sentita di far assaggiare la torta alla mia amica celiaca. Posso certificare, senza ombra di dubbio che gli ingredienti della torta sono gluten free, ma nel mio forno ci ho cucinato, tante e tante volte, torte con glutine e farina che spesso e volentieri hanno sgocciolato, si sono espanse (una è anche esplosa), e sicuramente hanno lasciato tracce di sé. Per non parlare del mio frullatore: quanti ciambelloni farinosi ho impastato lì dentro?! E per quanto abbia lavato più e più volte col detersivo il contenitore, non posso dirmi sicura che non fosse contaminato, ma non potevo fare altrimenti che usarlo. Un mio amico, con moglie celiaca, mi minaccia spesso sulle conseguenze di questa malattia, in particolare, in questa occasione, mi ha spiegato che il glutine è come l'amianto: non è dose-dipendente. Che tu ne mangi una molecola o un panino intero le conseguenze negative sono le stesse. Ecco, non me la sono sentita di far rischiare a qualcuno, per davvero, di ingerire anche una sola molecola di glutine proveniente dal mio frullatore (per cuocere ho usato teglie usa e getta di alluminio, nuove), quindi gli assaggiatori sono stati solo i membri della mia famiglia e il mio moroso, i quali hanno tutti preteso il bis.



Note finali personali



A mio parere, epurata tutta la gentilezza contrattualmente dovuta dai famigliari, la torta era buona. Non era la torta che avrei scelto di comprare in pasticceria, ma se me l'avessero regalata l'avrei trovata ben fatta.

Come sospettavo, la papilla italica è più portata verso il dolce in senso lato, mentre la torta da bakery (avevo avuto la stessa impressione quando ho fatto i cupcakes) è troppo asciutta-scialba, per questo viene riempita di burrosissime creme (che ho cercato di limitare). Anche questa red velvet senza glutine dunque, non avendo io idea di come sia quella con glutine, mi ha dato l'impressione di essere un po' meno torta di quello che mi aspettavo. L'accostamento con il ripieno dei cannoli e con la glassa alla menta è stato una buona idea. Forse, però avrei dovuto essere più generosa con la farcitura, perchè 1,5/2 cm erano un po' pochini. Comunque, mantenendomi nella piena obiettività, al sapore darei un 7 all'aspetto un 8 e mezzo (parametrati ai miei standard, ove 10 lo prendono sicuramente i muffin al cioccolato!).

Unica nota dolente.

E' una torta costosa. Davvero costosa. E non perchè i prodotti senza glutine costano di più (alla fine la farina di riso costerà 90 cent), ma perchè servivano molti ingredienti, in grande quantità, di ottima qualità (non volevamo effetti indesiderati da ricotta rancida, sono andata a prenderla praticamente in malga).

Ma detto questo, è stata una bellissima esperienza che non vedo l'ora di ripetere il mese prossimo!